Quando pensi all’Amstel la prima cosa che ti balza per la testa è la birra. E in questo particolarissimo momento storico, il mondo dei cicloamatori si divide in due categorie: quelli a cui manca la bicicletta e quelli a cui manca soprattutto la birra. Fresca. Alla spina.
Noi apparteniamo alla seconda. E tu fatti un favore: compra una bottiglia di Amstel (Gold se la trovi, ma la Radler no, non vale) e chiudi a chiave la cameretta prima di continuare a leggere.
Oggi si sarebbe dovuta correre l’Amstel Gold Race #55. Per completezza di informazione, tragedia nella tragedia: giusto ieri un gruppetto Popolare si sarebbe dovuto unire ad altri ciclisti del sabato (oltre 15.000 per la questura) e pedalare per 240 km nel sud dei Paesi Bassi, prima di riparare nel primo pub in zona Maastricht* e gustarsi con svariate birrette di alleggerimento partenza e arrivo della più giovane e forse meno blasonata delle classiche, che inaugura con i suoi strappi e le strette e tortuose strade il Trittico delle Ardenne.
Prosegue l’astinenza televisiva e proseguono i ricordi: ecco la nostra non richiesta Top Five della storia dell’Amstel Gold Race.
Cinque highlights con finalino da buttar giù come una lager fresca e link (che mica sempre c’è) della diretta integrale YouTube per i pro o gli alcolizzati.
* noi avevamo individuato il B.V. Gulpener, se avete consigli in zona pm please, prediligiamo bionde beverine e acide.
«Tra il 1881 e il 1890, Vincent Van Gogh riuscì a completare oltre 900 dipinti. Una media merckxiana di 100 opere all’anno che trovò la sua prima ispirazione nelle campagne ondeggianti dei Paesi Bassi, spinte dal mare e dal vento verso il centro del continente. L’avanguardia di questa spinta è il Limburgo, lembo d’Olanda incuneato tra Germania e Belgio, infilzato a forza nel cuore medievale d’Europa, tanto che ha finito per incresparsi in colline che toccano i punti più elevati dei Paesi Bassi.
A tratteggiare le campagne del Limburgo non sono pennellate, ma un labirinto di stradine, svolte improvvise e lingue d’asfalto che sembrano lasciate lì per caso, come prodotte da una betoniera sforacchiata. Grigio, verde e nubi gonfie di pessimismo, che trovano nuova luce nel momento in cui il loro destino si intreccia con quello della più giovane delle classiche. È la corsa della birra, un banchetto in cui alcuni protagonisti sono ritratti sempre, a prescindere dai cambi di colore o di orizzonte».
Episodio 1 – AGR 1982
Nel 1976 Freddy Maertens timbra il suo primo (e unico) successo sulle Ardenne (ad eccezione di una Freccia Vallone in cui verrà però squalificato per doping).
Con 4’29’’ di distacco sul suo più diretto inseguitore, sancì quello che fino ad ora rimane il margine più alto tra i primi due nella storia della gara. Dietro di lui Jan Raas, un giovane di belle speranze, al secondo anno tra i professionisti e campione neerlandese in carica, buon velocista capace di sfruttare tutta la sua forza anche su salite più brevi.
Quello che ancora Raas non sapeva era che il suo nome si sarebbe indissolubilmente legato all’Amstel: nel ’76 si presenta ai nastri di partenza fresco vincitore della Milano – Sanremo e in volata si aggiudica la prima di 4 vittorie consecutive che varranno alla corsa il nome di Amstel Gold Raas. Iridato nel 1979 in casa a Valkenburg, odiatissimo dai nostri connazionali (complice il fatto di aver fatto cadere Giovanni Battaglin in volata), si presenta nel 1982 a Heerlen pronto ad affrontare i 242 km e vendicare il pokerissimo sfumato l’anno precedente.
Sei giorni prima ha conquistato la Roubaix e anche oggi la TI-Raleigh corre tutta per lui con un uomo in avanscoperta (e che uomo, Gerrie Knetemann!) e il resto della squadra a far da scudo al capitano. Al ricongiungimento finale rimangono in 16, 5 dei quali in maglia giallorossa. Sul Keutenberg Raas parte portandosi dietro Sean Kelly, che spera di giocarsela in volata, Kuiper, Braun e il tandem Peugeot Phil Anderson – Stephen Roche. All’ultimo km piazza il colpo da finisseur, Roche prova a resistergli ma ormai è andata.
Episodio 2 – AGR 1990
È una corsa matta quella che si corre il 21 aprile del ’90. Quando mancano 35 km dall’arrivo, Gert-Jan Theunisse attacca seguito da Ronan Pensec in maglia (splendida) Z. La Panasonic protegge il suo uomo in fuga controllando il nutrito gruppo di inseguitori quando in prossimità del Cauberg si innesca inesorabile la bagarre. Ai – 3 hanno recuperato sui due davanti che ora sono a solo 6” di vantaggio e da dietro iniziano gli attacchi: per primi escono Michel Dernies e Phil Anderson, seguiti da Jan Goessens e Luc Roosen e infine da Jean-Claude Leclerq e Claudio Chiappucci. Goessens e Roosen resistono e entrano negli ultimi 600 metri con poche decine di metri di vantaggio. Tra i due, il belga in maglia Histor-Sigma è nettamente il favorito, vede il traguardo e anticipa una volata lunghissima ma da dietro a doppia velocità arriva il gruppone composto da 42 unità: a piazzare per primo la ruota oltre la linea è una maglia Weinmann ma non è quella di Goessens. La indossa Adrie Van der Poel che taglia il traguardo davanti a tutti con Roosen sulla sinistra che aveva già staccato le mani dal manubrio pronto ad alzare le braccia al cielo. Ballerini quinti e Bugno ottavo, per la cronaca.
Episodio 3 – AGR 2008
257,4 km da Maastricht a Valkenburg e a metà gara se ne vanno in tre: Yuriy Krivtsov, Kristof Vandewalle e Albert Timmer. La fuga arriva fino a 12’ di vantaggio, ai – 35 rientra sulla testa Niki Terpstra ma dietro stanno spingendo.
Nel gruppo ci sono tutti i favoriti della vigilia Davide Rebellin, Frank Schleck, Alejandro Valverde e Thomas Dekker che accorciano fino a 15” lo svantaggio quando di km all’arrivo ne mancano 5 e ci si prepara allo sprint finale. Ai piedi del Cauberg Purito Rodriguez si mette davanti a tirare Valverde, a ruota il capitano della Lampre Damiano Cunego; ai 500 il catalano si sposta, il murciano non ne ha, esce Schleck e si porta via il veronese. Cunego stringe i denti e non lo molla, dietro Rebellin, Valverde e Dekker non resistono e i due di testa fanno il vuoto. È il delirio: ai 200 spiana leggermente, entrano nella corsia delle ammiraglie, rientrano sul percorso e quando mancano 50 m il piccolo principe se ne va, alzando le braccia al cielo davanti al lussemburghese. È buona, è buona, è buona! Ed era alla sua prima Amstel.
Episodio 4 – AGR 2014
Di Amstel il liégeoise se ne è già bevute due. Entrambe di forza sul suo Cauberg, battendo Hesjedal nel 2010 e Rodriguez nel 2011. Arriveranno primo e secondo, canadese e catalano, al Giro d’Italia nel 2012.
Quattro giorni prima il liégeoise ha vinto La Flèche Brabançonne. Per gli amanti delle statistiche, dai protagonisti di questa gara si dice che esca il vincitore dell’Amstel Gold Race.
Buona Pasqua e si parte. Maastricht – Valkenburg aan de Geul, 251,4 km, 34 côtes e in fuga se ne vanno in 10: Lutsenko, Riblon, Vanlandschoot, Marycz, Belletti, Mohorič, Boem, Ligthart, Lang e Van Hecke.
Prima di affrontare per la terza volta (di quattro totali) i 1500 m al 7% del Cauberg il ritmo si alza e la fuga è presa. Sul Kruisberg escono Fuglsang, Voeckler e Wellens, in casa BMC ci si organizza e mandano in avanscoperta GVA, che oggi ne ha tantissima e si porta a spasso il gruppetto di testa fino al Bemelergerg, costringendo gli altri a tirare dietro. Ripresi tutti ai piedi del Cauberg, rompe gli induci Samuel Sanchez portandosi dietro Kwiatkwoski, Valverde e Gerrans; dopo lo scollinamento mancheranno ancora 1800 metri all’arrivo e quando l’asturiano salta – siamo nel punto più duro della côte – Gilbert scatta e se ne va. Non si rialzerà più fino all’arrivo. È Gil-berg!
Per gli amanti della Cabala, in Top Ten giungono quarto Geschke (sesto nel Brabante) e decimo il giapponese Arashiro (dodicesimo mercoledì a Overijse).
Episodio 5 – AGR 2019
Forse gli ultimi 30 km più folli della storia del ciclismo moderno. Ancora Pasqua, si parte da Maastricht e si arriva a Berg en Terblijt per l’edizione LIV della classica della birra. Cambia (di pochi km) la partenza, ma cambia soprattutto l’arrivo. Dopo il passaggio sul Cauberg ci sono ancora due côte da spianare: il Geulhemmerberg, 1 km al 6%, e il Bemelerberg. Ai – 36 Fuglsang e Alaphilippe fanno il vuoto: vantaggio che si assesta intorno al minuto e che man mano che passano i km è evidente sia solo da gestire. Ma il ciclismo è psicologia, tattica, genio: i due si conoscono bene, troppo bene, si temono e l’accordo inevitabilmente salta. Dietro se ne accorgono: passato il Geulhemmerberg il gruppo è a 55″, a 1 km e mezzo dal traguardo il distacco è sceso a 35″. Il danese e il francese si studiano praticamente in surplace quando a 600 m rientra Kwiatkwoski e se ne va, solo ed evidentemente troppo lungo. Ma il gruppetto è lì, formato da 9 unità e guidato da uno scatenato Mathieu Van der Poel con Simon Clarke incollato alla sua ruota. Nessuno dà cambi al gioiellino del ciclocross che riesce a rientrare sui tre e si lancia una volata pazzesca che spazza via tutti. L’enfant prodige vince l’Amstel 29 anni dopo il padre, (quasi) come il padre. From father to son.
— Jorge Cadete outta Lobanovski per
LPC
Negli episodi precedenti:
s02 Paris — Roubaix
s01 Ronde van Vlaanderen