Rockhopper, la capra e le campane

Spesso per fare un passo indietro ci sono tre passaggi: una scusa, la messa in discussione e la vicinanza di qualcuno. La scusa in qualche modo la si trova. Oggi, ad esempio, è stato il disegno del percorso con l’ultimo tratto che diventava un sentiero per addentrarsi nel bosco. Era un po’ che volevo riprendere in mano la Rockhopper con cui ho fatto i primi giri all’età delle medie e ho sofferto su qualche salita post lockdown prima di comprare la bici da corsa, un anno fa. Il percorso non pienamente adatto alla bici da corsa mi è sembrato un’ottima occasione. La scusa però non basta perché, quasi sempre, c’è almeno una persona che ti spinge a non fare quel passo indietro. Lo ammetto: ho tentennato un po’ quando mi hanno sconsigliato di prendere la MTB in un gruppo di bici da corsa.

“Perché fare tanta fatica e poi ti dovrebbero pure aspettare?!”

È bastato però chiedere se qualcuno degli altri osasse la MTB e al volo Vertical risponde. Fabrizio e il suo mezzo con portapacchi si sarebbe aggiunto solo all’ultimo. Sì, spesso è utile condividere il passo indietro con almeno un altro. Non so se sia più un discorso di sentirsi meno soli o meno pazzi.

Comunque sia, la scelta è fatta e stamattina nel rito del pompaggio ruote il limite del manometro si fermava a soli 3,5 bar della MTB.

La bici da corsa è più leggera. Facendo un banale bilancio energetico, la differenza di energia potenziale in salita, noto il mio peso e quello dei due mezzi, gli 8 kg in meno della bdc mi assicurano un risparmio del 10%. L’attrito delle ruote più strette danno un altro bel vantaggio. Il fatto che i pedali blocchino i piedi, mi permettono con la bdc di usare muscoli diversi, a volte abusando pure nel tirare il pedale e risparmiando nello spingere. La postura diversa, ma entrambe fatte a sentimento senza la messa in sella accurata di un biomeccanico, darà ragioni aerodinamiche a quella da corsa al prezzo di dolori al collo che con la MTB non si sono nemmeno affacciati. In MTB mi viene spontaneo uscire di sella in piedi sui pedali, mentre in bdc raramente mi alzo e quando lo faccio, rallento. Con la MTB mi sento più sicuro e mi son goduto una bella discesa ignorante anche se la frenata anteriore provocava vibrazioni alla forcella. La statistica del gruppo dice che formano più del 10% delle bdc, mentre le MTB non forano mai. La MTB smorza e più della bici da corsa spinge alla regolarità. Cambio di ritmo significa far i conti con l’inerzia e la MTB chiede tempo al cambiamento. La bdc nasce per andare su strada, dritta, pulita, veloce, silenziosa quando fai quello che devi: pedalare con la testa bassa. In MTB ci sono alcune cose che ti devi guadagnare con i denti, ti rendi conto di dover fare aggiungendoci del tuo, scegliendo. Ecco, sulla MTB riesci ad ascoltarti di più.

Fare un passo indietro se non necessario è ciclicamente utile per diversi buoni motivi.

Ridare nuovamente un senso alle scelte fatte e tornare a spolverare i punti di forza e le potenzialità di quello che si ha in mano provando a immaginarci i sentieri inediti che si possono battere. Sfondare quello che era un limite, la frontiera, il confine del non osato. Ma allo stesso tempo ci consegna la consapevolezza che nascono nuovi confini in altri ambiti, che si perde la sensibilità di alcune problematiche, che non si riescono più a fare alcune cose. Cambia la mappa che si può esplorare e non è solo questione di mezzi. Per quelli basta avere soldi, un garage a disposizione e le persone accanto che condividano questo sperimentare. Ma rimane il talento di mantenere l’apertura del pensiero e il coraggio di stare nella complessità senza semplificare e rinunciando al dannato richiamo e illusione dell’iperspecializzazione.

La fatica ieri ci ha portato sui prati di una cascina di Dossena a sentire la squadra come una compagnia di amici, opportunità per conoscere volti mai incontrati nei giri, occasione per mettere in fila più parole e racconti con altri. È accaduto grazie ad un luogo, messo a disposizione da Germano, a chi ha dedicato tempo per le spese, ha rinunciato alla pedalata per portare tutto in auto, pure gli zaini e chi non è riuscito a riparare la foratura di mezzi troppo moderni, a Lara che ha cucinato salamelle per un intero paese.

C’erano pure le capre. Che mi confermano una sensazione cui avevo già cercato di dar parola. Mi hanno detto di non entrare nel recinto. Possono mordere o scornare. Appena arrivato le ho osservate a lungo e anche stavolta, dando tempo, nasce l’empatia per una del gruppo. Lascio lì. È pronto da mangiare. Beh dopo qualche ora, quando è ora di andare m’incammino verso la mia bici verde acqua. Lì, dietro il recinto c’è lei. Solo dopo arriva il gruppo.
Rileggo quello che avevo scritto a suo tempo e sì, è così.
“Non lo so cosa accade, ma qualcosa accade. Ti metti lì a guardare un gruppo di persone, di animali, di esseri viventi. All’inizio sembrano tutti uguali. Certo che ci sono differenze, ma ti arriva dentro una cosa sola: il gruppo. E tu osservi.
Poi inizi a vedere i comportamenti. Per una comitiva di uomini e donne pure le parole. E succede sempre. Per una creatura ti arriva l’emozione. Non riesco a spiegarlo. Ma è così. E spesso mi viene da sorridere. Una esce dal gruppo. Quasi sempre ci guardiamo per un po’ in silenzio. E alla fine non so più se ho scelto o sono stato scelto.”

Riprendiamo in un piccolo gruppo il sentiero che ci riporta sulla strada del ritorno. Mentre attendiamo sulla soglia tra bosco e asfalto i compagni più lenti con le bdc in spalla, un uomo si affaccia dal campanile e chiede se germano arriverà a prenderlo in auto. È il padre, il padrone della cascina. Ha suonato per tre ore le campane. Ora attende e non vuole che si faccia fretta al figlio perché “tanto ho tanti lavori da fare quassù!”
Ecco il grazie più grande è per questo uomo di Dossena perché tra una squadra e una compagnia c’è di mezzo la convivialità che ha bisogno di cibo e di terra su cui metter radici. E questa terra ce l’ha data lui, andando altrove non per scappare, ma per celebrare. Perché questo nostro incontro pop ha la musica delle campane a festa.

Text: Damiano Fustinoni

Ph: Nicola Lesina

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