No, niente A Sunday in Hell: del film sulla Roubaix del ’76 ne abbiamo già parlato qua e siccome è da questa gara che si capisce l’essenza del ciclismo (cit.), abbiamo dovuto impegnarci un pochino di più.
La chiamano La corsa di Pasqua e non è certo un caso.
Quindi anche oggi TV spenta e spazio a quel pizzico di nostalgia: ecco la nostra personalissima e non richiesta Top Five della storia – oggi nemmeno troppo recente – della Roubaix.
Cinque highlights scelti stavolta con un briciolo in più di criterio, con il finale tutto da gustare e linkettino della diretta integrale YouTube per i pro, quelli veri.
«Si trattasse di diamanti, o per lo meno di lapislazzuli, uno eviterebbe di porsi domande. Invece “Gli amici della Parigi-Roubaix” stanno chinati per ore a rimuovere incrostazioni di terra e fango da cubi di porfido di forma irregolare. Questa associazione di volenterosi appassionati di ciclismo trascorre buona parte del proprio mese di marzo, ogni anno, a sostituire i cubi di porfido andati persi e a riposizionare quelli saltati via durante la stagione agricola, cosicché i sentieri sconnessi del Dipartimento del Nord possano dirsi pronti a ospitare una volta ancora le biciclette, e a riservare loro il trattamento di sempre. È dal 1896 che le fanno sobbalzare e vibrare forte, attraggono i tubolari nello spazioso cuneo tra un cubo e l’altro, e una volta lì ecco teso il tranello: la foratura, il guasto meccanico. Le bici si spaccano, i ciclisti sacramentano. Uno potrebbe dire insomma sarà mica un’accoglienza degna questa, un clangore del genere poco si confà a uno degli eventi sportivi più seguiti del pianeta, più che una competizione è un tormento da irredenti, e per di più nel tempo di Pasqua.
Eppure “Gli amici della Parigi-Roubaix” sanno che è sempre stato questo il punto del gioco folle del ciclismo: facciamo un viaggio, ma rendiamolo memorabile. Andiamo dal punto a al punto b, ma non subito, prima passiamo per c, d ed e; anche f e g se volete, purché ogni deviazione sia superflua, ogni ostacolo un supplemento di fatica non necessario. Lanciamoci lungo le discese e, soprattutto, scaliamo le montagne. Il fatto è che se a è Parigi e b il Nord della Francia, in mezzo non ci trovi le montagne. Non nella loro forma canonica, almeno. In questo posto le montagne sono state frantumate e disposte in lunghe distese di cubi di porfido di forma irregolare: ecco cosa sono i settori in pavé della Roubaix».
Leonardo Piccione, Rivista Undici
Episodio 1 – PRX 1949
17 aprile, 217 partecipanti alla 47ª edizione della Corsa del Secolo, 246 km da Parigi a Roubaix, 3 favoriti con Rik van Steenbergen, Fausto Coppi e Fiorenzo Magni che finiranno per annullarsi a vicenda. Partenza da Saint-Denis, proprio dove oggi sorge lo Stade du France, quello del ’98. Ciao Gigi.
C’è anche Malabrocca, quello della maglia nera al giro, ma il finale stavolta è giallo. Sei in fuga, l’imperatore cade e si ritira, dietro attaccano. All’arrivo sono in quattro, ma i due francesi Mahé e Moujica (nato spagnolo come Jesus e naturalizzato francese come Jacques) e il belga Leenen, arrivati a Roubaix, non trovano l’entrata, si perdono nella folla, sbagliano strada ma riescono a rientrare nel velodromo da una porta secondaria. È volata con Mahé che batte Leenen e Moujica, dietro di loro il quarto della fuga, Georges Martin. A seguire il gruppo, regolato da Coppi, non Fausto ma il fratello Serse.
Subito mazzo di fiori a Mahé, poi Coppi, stavolta Fausto, spinge il fratello a fare ricorso e il giudice dichiara vincitore Serse quando Mahé è già sotto la doccia. La giuria si dissocia e stila una nuova classifica basata sull’ordine cronologico d’arrivo al traguardo.
Cinque giorni dopo la Federazione francese ribalta il risultato e conferma la vittoria a Mahé. Quella italiana non ci sta e si appella all’UCI che annulla risultato e corsa: nessun vincitore. A questo punto appello congiunto Francia – Italia e UCI che la chiude – stavolta definitivamente – con una vittoria ex æquo Mahé e Coppi, Serse. Raggiante Coppi, raggiante Fausto: che Pasqua! Per Mahé invece boccone amarissimo.
Episodio 2 – PRX 1977
Lo chiamavano Mounsieur-Roubaix, Roger De Vlaeminck. Quinto all’esordio nel ’69 e sempre presente alla regina delle classiche fino al 1982. A parte una caduta nel 1980 al seguito della quale si ritira, non va mai oltre il 7° posto finale.
È ancora il 17 aprile ma siamo nel Settantasette: partono in 149 da Compiègne, 88 km a nord di Parigi, in direzione vélodrome, 250 km cobbled. De Vlaeminck corre il suo ultimo anno in casacca Brooklyn, ha 29 anni e ha già vinto tutte e 5 le classiche monument.
Tre sono le Roubaix conquistate, esattamente come il Cannibale: davanti sono 22 e ci sono tutti. Merckx, Moser, Maertens, Godefroot . Ai -30 Maertens attacca e il Gitano gli va dietro. Un inferno per tutti quelle pietre, non per il loro re. È uno scatto in progressione, arriva con 1’30” di vantaggio. Lo chiamavano Mounsieur-Roubaix.
Episodio 3 – PRX 1981
Chi lo ama, l’enfer du Nord, e chi lo odia. Bernard Hinault lo odiava. Non voleva andarci lui ma ogni anno lo obbligavano, puntava al Tour (ne vinse 5), non certo a compromettere la stagione sul quel maledetto pavé.
Ma era in forma il Tasso quella domenica, alla sua quarta edizione si era deciso a portarla a casa una volta per tutte. Lo spirito è quello del bomber: «Sul pullman della squadra che ci portava alla partenza ci divertimmo vedendo un film porno. Ci sembrava l’approccio più giusto, tanto per sdrammatizzare un po’. Ma ai giornalisti dissi che avevamo rivisto la registrazione della Roubaix dell”80 per studiare meglio la corsa».
12 aprile proprio come oggi, a Pasqua mancava una settimana. A Compiègne partono in 174, ci sono i giganti Roger De Vlaeminck e Francesco Moser e c’è lui, l’outsider in maglia iridata. Piove, fora (due volte), cade (quattro volte), davanti a lui un’ammiraglia finisce fuori strada, si carica la bici in spalle e passa dai campi, come nel ciclocross. Ma in pochi km rientra sui migliori. Ai -10 un cane gli taglia la strada e cade la quinta volta. Neanche Gesù. Non molla il bretone, si sente bene e torna sotto. Entra col gruppetto nel velodromo e all’ultimo giro lancia la volata. La definì una “stronzata”, la corse anche l’anno successivo poi basta, «mai più».
Episodio 4 – PRX 1998
Se dici Roubaix dici Mapei. La tripletta ’96 Museeuw – Tafi – Bortolami. Tafi solo del ’99.
Ma se dici Roubaix dici soprattutto Ballerini. Ininterrottamente al via in 13 edizioni dal 1989 al 2001, 5° nel ’91 e nel ’96, 8° nel 2000. Nel ’93 è beffato per 8 cm dal più anziano vincitore di sempre, Duclos-Lassalle, 38 anni e 8 mesi. Basta, «non ci sarà una prossima volta perché non correrò mai più la Parigi Roubaix. Basta: con la bici ho chiuso, tanto non vincerò mai più». Invece l’anno dopo ritorna, ma è terzo per colpa di una foratura: dopo 62 km di fuga solitaria nel fango la spunta Tchmil. Ci torna anche l’anno dopo e stavolta piazza finalmente la ruota davanti a tutti, anzi, davanti al sovietico di Chabarovsk, oriente estremo (peraltro correndo quell’anno con passaporto ucraino, dopo esser stato già moldavo e prima di diventare definitivamente belga).
Sono passati tre anni e quel 12 aprile del ’98 e ai microfoni per raccontarci quei 266,5 km c’è la coppia De Zan (padre) – Cassani.
Alla foresta di Arenberg iniziano le cadute, Museeuw ci lascia un ginocchio e sale in ambulanza così in casa Mapei cambiano i piani: al 200 km se vanno in 8 con i tre Squinzi boys Ballerini, Tafi e Peeters, Moncassin, Van Bon, Sorensen, Boscardin, Ekimov e Backstedt. Ballero apre il gas, attacca il favorito Frédéric Moncassin e va. Mancano 50 km e si trova presto più avanti di tutti, coi suoi dietro a controllare.
A chiudere un podio ancora una volta tutto ciclononno Mapei a più di 4′ ci sono Tafi davanti a Peeters. Poco dietro Moncassin viene bruciato da Leon Van Bon.
Episodio 5 – PRX 2001
A fine 2000 Patrick Lefevere lascia l’ammiraglia Mapei per sedersi su quella della Domo Farm-Frites, portando con sé Johan Museeuw a guidare lo squadrone per le classiche. La stagione del Leone delle Fiandre parte invece con un incidente motociclistico che ne compromette l’inizio di primavera.
15 aprile 2001. Alla vigilia della 99ª Parigi – Roubaix è comunque uno dei favoriti, insieme a George Hincapie della US Postal, il solito Andrei Tchmil in maglia Lotto-Adecco e l’ex lefeveriano Andrea Tafi. Tracciato più corto e con meno pavé, ma le forti piogge primaverili hanno reso quei 255 km ancora più duri e selettivi. A Compiègne piove e c’è vento, pronti via e 6 fuggitivi se ne vanno con 5′ di vantaggio sul gruppo. È un mare di fango: le condizioni estreme spezzano il gruppo in tre tronconi con i migliori guidati dalla Domo FF con Museeuw, il luogotenente Peeters, il campione del mondo Romāns Vainšteins e Servais Knaven a controllare Hincapie e Tchmil, che peraltro cade e si mette a inseguire. In casa Mapei resta solo Andrea Tafi da Fucecchio, che insegue pure lui. Nei 2400 m della Trouée d’Arenberg succede di tutto: Peeters è davanti, pronto a contrattaccare un eventuale scatto dell’americano, appena dietro Gaumont cade e spezza il gruppo, Peeters va e non lo riprende più nessuno. Poco dopo Hincapie fora. Mancano 89 km e 12 settori di pavé. La Domo controlla, Hincapie, Wesemann, Dierckxsens e il duo Cofidis Mattan – Peers invece inseguono Peeters per più di un’ora. Alla fine il vantaggio passa da 1′ a 15″ e al Carrefour de l’Arbre Museeuw fora per la quinta volta. Peeters si rialza e aspetta il capitano, Hincapie e Diercksens si gettano di nuovo all’attacco, Vainšteins si sposta e parte l’ultimo attacco con l’uomo che non ti aspetti: di nome fa Theodorus Josephus Henricus ma è chiamato Servais, Knaven è un ex pistard olandese ed è l’ultimo nelle gerarchie di squadra. Si fa una crono di 10 km guadagnando 25″ su Hincapie che alla fine verrà ripreso dal gruppo, superato da Museeuw e bruciato sullo sprint pure dal lettone in maglia iridata. È tripletta. Ricordi la Roubaix del 2014?
— Jorge Cadete outta Lobanovski per
LPC
Negli episodi precedenti:
s01 Ronde van Vlaanderen